Dott. Alain Chivilò Critico , Curatore d'Arte

Piogge Urbane



 

Fausto Nazer Piogge Urbane

di Alain Chivilò

 

  "Ogni goccia di pioggia trema sul vetro sporco e vi lascia divine ferite di diamante. Sono poeti dell’acqua che hanno visto e meditano ciò che la folla dei fiumi ignora”.                                                                                       Federico Garcia Lorca

L’artista piemontese Fausto Nazer, attraverso il suo iter pittorico, pone alla base della sua tematica figurativa una ricerca che trae spunto dalla realtà metropolitana, all’interno della quale le immagini assumono significati atti a evidenziare una quotidianità determinata dalle persone, veri soggetti principali. La loro indagine, per opera dell’artista, approfondisce valenze sociali e psicologiche all’interno di un contesto atmosferico piovoso.

 

La donna e l’uomo delineati impersonalmente, in quanto non riconoscibili visivamente, sono dipinti nella tela in solitudine o in gruppo come possibili vessilli esposti alle intemperie. Nazer dunque, in un legame simbolico, collega i suoi mondi a quanto scrisse la poetessa Alda Merini in “Ascoltavo la pioggia” focalizzando fondamentali punti cardine al suo pensiero:

 

… Ascoltavo la pioggia domandare al silenzio

quanti nastri di strade

annodavano il cuore …

 

Le vie di comunicazione, indicate pocanzi, descrivono liricamente quei paesaggi urbani nei quali le persone transitano in un contesto di pioggia: riparate da un ombrello e da un abbigliamento efficace lungo una via o un passaggio pedonale, staticamente o in movimento, vengono bloccate e ritratte dal maestro in una sequenza di vita quotidiana. Tale rappresentazione prende efficacia mediante una metodologia tipica della fotografia che permette di scattare, in questo caso con i colori a olio, attimi di vita.

Dietro a un ipotetico vetro di un’automobile o di una vetrina, sempre bagnato e intriso da gocce d’acqua piovana, il pittore di Venasca si cela per carpire l’intimità individuale, offrendo una visuale prospettica distaccata.

Le persone quasi stilizzate da Nazer grazie a mano, testa e cuore, consentono all’osservatore che si pone innanzi a esse, d’immedesimarsi in un eventuale stato dell’anima in cui una sinergia sorge tra i due soggetti.

Un proverbio arabo insegna che “la natura della pioggia è sempre la stessa, eppure fa nascere spine nel pantano e fiori nel giardino”: ecco a noi svelata la poetica di questo fondamentale ciclo artistico.

Gli scrosci raffigurati dal maestro forniscono dunque la possibilità di esplorare il mondo in un clima per lo più grigio e notturno (non solare), dove le stesse precipitazioni fanno da scenografia a sentimenti umani opposti.

Se la pioggia è vivacità, poiché scendendo dal cielo verso la terra garantisce la procreazione e di conseguenza la vita, simultaneamente, riprendendo alcune parole dalla canzone “Il bombarolo” di Fabrizio De Andrè, essa diventa sinonimo di attesa perché “… c’è chi aspetta la pioggia per non piangere da solo …”

Gli acquazzoni Nazariani evidenziano così una quinta teatrale, dove i soggetti immersi in contesti metropolitani sono, nel loro incedere, metafora per le più svariate situazioni psicologiche quali l’amore, il divertimento, la gioia, la tristezza, la noia, la riflessione, il sogno, la fretta, l’amicizia, la fratellanza, la sensualità, la scoperta, il dialogo, la connessione alla natura, lo stress o l’eustress.

La relazione di tutte queste sfaccettature, caratterizzanti l’agire dell’uomo, creano visioni del giorno d’oggi interpretate dall’artista con sensibilità.  

Nazer, oltre alle realtà immerse nella pioggerella dall’intensità indefinita, dipinge paesaggi e ritratti. In entrambe le tematiche emerge lo spirito intimo dell’artista carpendo calore, profondità e introspezione psicologica nei tratti figurativi.

In sintesi, tutta la sua produzione pittorica trae linfa e alimento da stati mentali che vivono lungo equilibri dinamici della psiche umana. A dimostrazione di quanto indicato, proprio nella raffigurazione artistica della pioggia, Fausto Nazer traccia in scenari metropolitani figure che nella loro vitalità bloccata riescono a cogliere quel tempo dell’attesa, attraverso la quale un continuo flusso emotivo, diviso tra visione e concretezza, evidenzia a tutti noi che “la fantasia è un posto dove ci piove dentro”, in accordo con il pensiero di Italo Calvino.

 

Nazer delinea dunque frammenti complessi di una società inquieta che, nella ricerca interiore divisa tra positività e negatività, insegue comprensione, tolleranza e solidarietà.